martedì 16 gennaio 2018

Elezioni politiche 2018: ci risiamo.

Manifestiamo con questo documento l'idea che ci siamo fatti di questo passaggio elettorale, che avviene in circostanze inedite, a partire dal dopoguerra.

Il ventre della bestia capitalista è sempre più vorace, troppo per credere di trovare delle soluzioni per ammansirla, evitando di esserne sbranati, l’unica soluzione, ora più che mai, è il suo abbattimento, proprio per questo occorre dedicarsi all'idea di un partito comunista, che sappia pensare ed agire attraverso l’analisi concreta fondata su dati concreti di realtà.

Ci risiamo...

Siamo compagni che, senza risparmiarsi, hanno militato nel corso degli anni per il PRC, per il PdCI (divenuto in seguito PCdI ed oggi PCI) così come in altre formazioni di sinistra. Dopo avere constatato che i nostri sforzi erano gettati al vento, ci siamo incamminati su un percorso di guarigione da quella che definiamo “sindrome del criceto”. A questo animaletto ci siamo paragonati, correndo anche noi, così come lui, su una bella rotella: il fatto è che non si è avanzati neppure di un millimetro anzi, pur correndo a perdifiato, si è rimasti sempre chiusi all'interno della gabbia. Dopo avere realizzato, sia pur con dispiacere, che andandocene saremmo rimasti senza “casa”, abbiamo deciso di scendere dalla rotella e di uscire dalla” gabbia” per dar corpo ad un ambito comunista di discussione, al quale abbiamo dato il nome di Alessandro Vaia, commissario di guerra del Comando Piazza, che a Milano coordinerà l'insurrezione vittoriosa del 25 aprile 1945. In questa scelta non ha pesato una volontà di autocelebrazione, bensì la consapevolezza che, per arrivare dove è arrivato Alessandro Vaia, è indispensabile sapere bene che volontà e responsabilità dovranno necessariamente accompagnare coloro che saranno disposti a far fronte alle difficoltà, derivanti dal processo di costruzione, all'interno del quale non è dato agire se non sopportando l’obbligo ineludibile della Fatica.

A partire da qui

sappiamo che il 4 marzo 2018 si voterà per le elezioni politiche. A 10 anni di distanza si ripropone una “soluzione” salvifica per avere una rappresentanza parlamentare che “porti” all'interno delle istituzioni proposte e istanze provenienti dal... popolo.

Nel 2008, tenendo insieme socialdemocratici, verdi, “rifondatori” e comunisti italiani, si tentò, senza riuscirci, di conseguire lo stesso obiettivo attraverso la lista “Sinistra Arcobaleno”; la scelta di pensare alla somma aritmetica del consenso raccolto precedentemente da ognuna di queste forze non pagò: con un’affluenza alle urne dell’80,45%, alla Camera i voti furono 1.124.418 (3,08%), al Senato furono 1.053.154 (3,21%).

Nel 2013, a partire da “Io ci sto”, si giunse (non senza avere prima tentato l’alleanza con il PD) alla creazione della lista “Rivoluzione Civile”; con un’affluenza alle urne del 75,19%, l’esito ottenuto fu di 765.188 voti per la Camera (2,25%) e di 549.995 per il Senato (1,79%).

Fin qui i dati delle elezioni politiche che, negli ultimi 10 anni, hanno visto la sinistra perdente nel cimento. Al momento attuale appare difficile superare la soglia di sbarramento situata al 3%, per formazioni che si dicano collocate “a sinistra” di Liberi e Uguali. Su quest’ultima  “creazione” non ci soffermiamo.
I motivi di perplessità circa la scelta di dar vita ad una lista che si chiami “Potere al popolo”, per concorrere alla prossima scadenza elettorale, si possono dire così:


il “fallimento del Brancaccio”, senza entrare nel merito delle dinamiche che lo hanno indotto, è l’elemento che ha determinato la formazione della lista “Potere al popolo”. Non a caso alcuni “soggetti”, vicinissimi ad “Alleanza Popolare” di Falcone e Montanari, dopo che è saltata l’assemblea del 16 novembre, hanno urgenza di colmare il vuoto creatosi per la mancanza di una lista che si collochi a “sinistra”, da presentare alla prossima scadenza elettorale; corrono dunque ai ripari annunciando a 48 ore dal “fallimento del Brancaccio” la loro adesione alla lista proposta da “Je so’ pazzo” e “Clash City Workers”, nell’assemblea del 18 novembre al Teatro Italia di Roma. A quanto ne sappiamo ne fanno parte Eurostop, il PRC, il Partito Comunista Italiano, la “Rete dei Comunisti”, Sinistra Anticapitalista. Un insieme di “soggetti” diversi tra loro, tra i quali alcuni spiccano per le posizioni piuttosto discutibili sin qui espresse in tema di politica estera ed Unione Europea, dai tratti insomma ambigui e controversi.

PRC e PCI sono dentro questa dinamica, senza aver fatto il PRC una sana e doverosa autocritica sugli errori compiuti in un quarto di secolo, e in 19 anni per il PdCI (poi PCdI e in seguito PCI). Dopo tutto qualcosa deve essere andato storto se si è giunti fino a questo punto: tutto ciò è sotto i nostri occhi. La cifra della pratica politica propria del PRC non sta solo nella grafica dei suoi fantasiosi manifesti; è ben più grave la mancanza di individuazione delle priorità che si è protratta per anni, rendendo questo partito, e certa “sinistra”, distinti e distanti dal sentire popolare e, in particolar modo, dalla “classe”.

Senza dimenticare Eurostop ed altre aggregazioni, ricordando che questa  piccola galassia soffre di un “idealismo” - di facciata - che risulta pernicioso per la “classe”, pur così frammentata e tuttavia ancora così irriducibilmente “classe”. Un idealismo che unendo il fraseggio corrente di “sinistra” a ragioni di “opportunità” e convenienza, porta a presentare un programma dai tratti chiaramente compatibilisti. In esso si può trovare il mutualismo così come, per l’ennesima volta, il richiamo alla costruzione di “un’altra Europa”, gabellando per convinzione quello che è solo un grande inganno: un’altra Unione Europea non è invece possibile, Tsipras docet, sarebbe bene dunque smettere di esercitare millanterie. Poiché essere seri non corrisponde all’essere seriosi, ci consentiamo qui una battuta: accà nisciun è fess. Ad esempio, che significa “rompere il vincolo di subalternità con la NATO”? Che potrebbe starci bene stare all’interno della NATO a condizione di essere alla pari con Francia o Inghilterra? Perché non dire, senza contorsionismi, che si vuole l’uscita della NATO dal nostro Paese? Perché puntare l’indice su Trump, non potendo non sapere che è stato Obama, prima di Trump, a chiedere di portare le nostre spese militari al 2% del PIL? Non sarebbe stato politicamente più coerente e corretto parlare degli Stati Uniti d’America? Infatti, come si vede, nella richiesta fatta all’Italia non c’è differenza tra l’amministrazione democratica di Obama e quella repubblicana di Trump; e questo non è davvero un dettaglio.

Naturalmente a fronte di tutto ciò, è per noi importante citare il quadro che si riferisce al Paese, tracciato recentemente dal CENSIS. Il rancore di cui parla il CENSIS, quello che si percepisce tra i lavoratori, tra i giovani e, in generale in Italia, è causato dalla macelleria sociale scatenatasi da anni e anni, che ha condotto così ad undici milioni il numero di persone che non possono curarsi, dal feudalesimo che da tempo sta sempre più affacciandosi nel mondo del lavoro, con una classe sempre più chiusa nell'angolo anche a causa di sindacati collusi e /o imbelli; così come è legato alla disaffezione sedimentata nel corso degli anni per la mancanza di coerenza nella linea politica e nei gruppi dirigenti, che ha portato, tra le altre cose, a fenomeni come la candidatura di un Togni (si, quello del circo) o di Luxuria, così come di Farina. Né vogliamo dimenticare Bebo Storti, l’astronauta di turno Guidoni, e l’elenco sarebbe lungo. Scelte queste, tra le altre, compiute in funzione della raccolta di consenso elettorale, creando una costante emorragia di iscritti e militanti che hanno preso altre strade, talvolta anche quella di casa, e causando distacco e disaffezione dalla politica.

In queste ore, con la definizione delle candidature per le liste, si sta manifestando l’eclettismo di questo “insieme” la cui parola d’ordine è “Potere al popolo”.

Il 18 novembre si è affermato come questa operazione politica dovesse essere improntata all'orizzontalità, poiché la lista non sarebbe stata «un luogo per dirigenti senza territori». Al contrario è evidente come proprio nella composizione delle liste sia presente un elemento di “verticalità” non indifferente, quello stesso che ha contraddistinto la Federazione della Sinistra: sono previste quote di candidati destinate ai vari soggetti sui quali si regge l’impalcatura di “Potere al popolo” (PRC, Eurostop, PCI, ecc.). Quale orizzontalità può esserci nelle circostanze in cui è nata la lista? Un processo il cui esito fosse la lista non ci è noto, i processi hanno, a dir poco, tempi più dilatati, in cui sedimentare condivisione, aggregazione e radicamento. Senza contare che la categoria del “popolo” è indistinta, così come la cosiddetta “società civile”, ci puoi trovare quello che vuoi, proprio come si potrà vedere nella composizione delle candidature.

Non ce ne vogliano i compagni che con grande spirito di servizio stanno dedicandosi a questa impresa, aver detto a costoro che si continuerà con il “progetto”, quale che sia l’esito elettorale, risulta – usiamo un eufemismo – scarsamente credibile. Purtroppo come si sa, non tutti i salmi finiscono in gloria